Gloria Origgi Introduzione a Quine, Laterza, Bari/Roma, (in press)

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1. Caratteri generali dell'opera di Quine

1. 1. Un filosofo sistematico

Un tratto saliente dell'opera di Willard Van Orman Quine è il carattere sistematico del suo pensiero(1). La costruzione di sistemi filosofici è pratica comune nella storia della filosofia. Non è così però in quella tradizione filosofica, che potremmo definire genericamente analitica e che ha dominato il pensiero anglosassone di questo secolo, secondo la quale l'analisi puntuale di singoli problemi filosofici è compito più fondamentale in filosofia della costruzione di grandi sistemi onnicomprensivi della realtà. Quine è sicuramente un esponente a pieno titolo di questa tradizione. Ma egli ne è un interprete profondamente innovativo, sia per contenuto che per metodo di ricerca. Il "sistema" di Quine è costituito da una serie di tesi filosofiche interrelate le une con le altre in modo da presentarsi come una rete coerente e un'interpretazione esaustiva dell'attività filosofica. Il suo metodo è un metodo naturalistico, in continuità con i metodi delle scienze naturali.

Quine è un filosofo empirista, formatosi in quella corrente di pensiero che va sotto il nome di neo-empirismo oempirismo logico e che, grazie al rinnovamento della logica formale ad opera di Frege e Russell, formulò un nuovo compito per la filosofia in termini di analisi logica del linguaggio delle scienze(2). Oltre a ciò, Quine è un filosofo americano, erede della tradizione pragmatista che con Dewey e Peirce vede negli obbiettivi e nei risultati dell'impresa conoscitiva i criteri ultimi rispetto ai quali essa pu˜ essere valutata(3).

Storicamente, uno dei meriti maggiori di Quine è quello di avere importato i metodi della filosofia neo-empirista negli Stati Uniti, grazie agli stretti rapporti di collaborazione intellettuale che egli aveva stabilito negli Anni Trenta con diversi esponenti del Circolo di Vienna e, in particolare, con il suo maestro ed amico Rudolf Carnap. Il rinnovamento della filosofia americana dagli Anni Quaranta in poi deve molto al ruolo giocato da Quine nel mettere in comunicazione questi due mondi intellettuali.

Ma il posto centrale che Quine occupa nel panorama filosofico di questo secolo è dovuto all'impatto di rottura che molte delle sue tesi hanno avuto su tutte le tradizioni filosofiche precedenti, impatto tale da rendere il suo pensiero uno dei più importanti rinnovamenti dell'empirismo del Novecento.

Il carattere sistematico dell'opera di Quine non ne facilita la presentazione: diverse tesi si implicano l'una con l'altra e il suo metodo naturalistico è insieme una strategia di indagine e un risultato del suo pensiero. Qui di seguito cercheremo di seguire un criterio cronologico di evoluzione del pensiero di Quine, in modo da fare emergere il quadro globale della sua filosofia, per poi dedicare i cinque capitoli successivi a un'analisi più dettagliata degli aspetti più importanti della sua opera.

1.2. Da Truth by Convention a From a Logical Point of View

Un problema centrale della filosofia neo-empirista nella prima metà di questo secolo verte sulla ricerca di un'opportuna definizione della nozione di verità logica. Il programma di ricerca logicista, ossia la riforma della logica e della matematica dovuta principalmente a Frege e a Russell(4) si proponeva una riduzione delle verità matematiche a verità logiche, queste ultime espresse in termini di principi generali formalmente controllabili. Già dai primi anni Trenta, Quine partecipa attivamente al perseguimento degli obbiettivi teorici del logicismo. La sua tesi di dottorato all'università di Harvard, sotto la guida di Albert Whitehead(5), è uno sviluppo in questa direzione. Negli stessi anni, Rudolf Carnap e altri esponenti dell'empirismo logico interpretavano il programma logicista di riduzione della matematica alla logica in chiave puramente convenzionalista: le verità logiche, alle quali possono essere ridotte tutte le verità matematiche, sono tali in virtù di convenzioni linguistiche stabilite nella costruzione di linguaggi logici appropriati. A partire dall'articolo del 1936, Truth by convention(6) Quine sviluppa un attacco alla nozione di verità per convenzione, sostenendo che il carattere convenzionale di una verità non è segno certo del suo essere frutto di una mera stipulazione linguistica. Così come Russell, Quine rifiuta l'idea che si possa rendere conto della verità logica in termini puramente linguistici. Le convenzioni non sono sempre pure definizioni di un'espressione tramite un'altra espressione: esse registrano pratiche d'uso, saperi accumulati all'interno di una disciplina che il linguaggio logico in cui vengono espresse può limitarsi a riportare, ma non a spiegare. Già a quest'epoca è dunque in nuce una tesi di forndo che permea l'opera di Quine, ossia la tesi secondo la quale sia impossibile districare ciò che dipende puramente dal linguaggio da ciò che dipende dalla nostra pratica del mondo. Isolare la classe delle verità logiche è sì un'operazione possibile, ma epistemologicamente non differente dall'isolare qualsiasi altro insieme di enunciati veri, fattuali o non fattuali.

Negli anni Trenta/Quaranta Quine si dedica soprattutto a lavori di logica formale producendo una serie di risultati nei quali si intravedono già gli assi portanti della sua riflessione filosofica successiva. Già in questi anni difatti Quine sviluppa le sue idee sulle assunzioni ontologiche che una teoria logica è impegnata a fare, sostenendo che sia possibile fare a meno di molte espressioni tradizionalmente considerate referenziali, ossia in corrispondenza con particolari individui o proprietà nel mondo, come ad esempio i nomi, e scaricare il peso referenziale di una teoria sui quantificatori (espressioni come Tutti o Alcuni) e sulle variabili. Solo quando quantifichiamo su un certo numero di variabili e diciamo qualcosa di esse, ci impegniamo sull'esistenza degli oggetti descritti dai nostri enunciati. Non ha senso porsi domande su ciò che esiste o non esiste al di fuori di una teoria logica nella quale sia stato chiarito il funzionamento della quantificazione(7). La preoccupazione maggiore di Quine nello sviluppo della sua teoria logica è descrivere linguaggi logici massimamente austeri di assunzioni ontologiche e nondimeno in grado di esprimere porzioni interessanti della scienza. La scienza privilegiata che descrive il mondo così com'è è per Quine la fisica di base. La logica deve essere in grado di esprimere le verità della fisica di base, insieme all'apparato matematico necessario per render conto di essa. Tutto ciò che non è riducibile al linguaggio della fisica è un modo di parlare, secondo Quine, un artificio retorico più o meno utile, per il quale è sempre possibile trovare espedienti formali che ci permettano di ritornare al linguaggio più di base. In questo spirito, Quine intraprende, all'inizio degli anni Quaranta, una polemica contro lo sviluppo di sistemi di logica che cercano di rendere conto di nozioni apparentemente non riducibili a nozioni di fisica di base, come per esempio, i sistemi di logica modale(8). L'austerità logica di Quine è sintomo di un altro aspetto centrale del suo pensiero: la logica classica quantificata è preferibile allo sviluppo di qualsiasi sistema alternativo perchè essa intrattiene un rapporto privilegiato con il mondo intorno a noi: è in questa stessa logica che noi strutturiamo il nostro linguaggio pubblico a partire dalle esperienze del mondo fisico circostante, ed è quindi all'interno di essa che si ritrova, come in uno specchio, la struttura di quella prima teoria del mondo che, permettendoci lo sviluppo del linguaggio, sta alla base di ogni nostra estrapolazione teorica futura. Logica e teoria del mondo si trovano dunque in un rapporto di mutuo contenimento: da un lato è l'esperienza del mondo che struttura nella storia della specie e nello sviluppo individuale i nostri schemi logici; dall'altro è proprio il valore predittivo sulla realtà che le teorie espresse all'interno di questi schemi hanno che dà senso al nostro descrivere il mondo così com'è.

Tutti questi temi sono ripresi nella prima raccolta di saggi di Quine, From a a Logical Point of View,(9). Qui l'attacco alla teoria del significato neo-empirista si fa più radicale. Nell'articolo più celebre della raccolta, Two Dogmas of Empiricism, Quine sostiene che la teoria del significato dell'empirismo si basa su due dogmi : il primo è quello di poter tracciare una linea di demarcazione netta tra due componenti distinte della verità, la componente linguistica e quella fattuale. Il secondo è quello di ritenere che sia possibile attribuire significato a un singolo enunciato trovando un metodo di verificazione che si applichi isolatamente solo a quel frammento del linguaggio. Un empirismo liberato da questi dogmi riconosce, secondo Quine, la sostanziale continuità tra informazione linguistica e informazione fattuale ed accetta una visione olistica della conoscenza secondo la quale gli enunciati singoli non si verificano o falsificano da soli, ma è insieme all'intera teoria, o all'intero linguaggio che essi si presentano davanti al tribunale dell'esperienza. L'insieme delle nostre conoscenze è una rete le cui estremità toccano l'esperienza: è sempre possibile fare aggiustamenti all'interno della rete per mantenere alcune verità e rivederne altre. Anche le verità logiche non sono immuni da revisione, sebbene il loro ruolo così centrale nel nostro apparato concettuale farà sì che tenderemo ad abbadonarle per ultime.

Si comincia così a delineare il quadro della filosofia quineana intorno ad alcuni punti cardine: in primo luogo il radicale rifiuto di Quine di una distinzione netta tra fatti e convenzioni, informazione empirica e informazione linguistica, verità sintetiche che dipendono dall'esperienza e verità analitiche. Da ciò scende il carattere monista del suo pensiero, ossia l'idea che tutte le conoscenze si trovano sullo stesso piano, e non c'è modo di "uscire" dalla rete delle conoscenze per trovare parametri di valutazione che non facciano parte essi stessi della rete globale. In secondo luogo, altro aspetto centrale della riflessione quineana, l'olismo della conoscenza. Il nostro sapere si presenta come una rete interconnessa, che comprende credenze sul mondo e credenze sul linguaggio o sui principi logici che governano la costruzione delle nostre teorie. L'olismo di Quine è insieme una tesi semantica e una tesi epistemologica. L'evidenza empirica non èmai connessa a un singolo enunciato di una teoria scientifica, ma all'intera teoria, o almeno a un frammento di essa che abbia un'opportuna "massa critica". L'olismo è una tesi anche semantica: il significato di un enunciato non è determinabile indipendentemente dall'apparato globale del nostro linguaggio. Un ulteriore aspetto del pensiero di Quine che si delinea qui già in modo chiaro è la stretta interconnessione tra linguaggio e teoria del mondo. L'impossibilità di distinguere tra aspetti puramente logico-linguistici e aspetti fattuali della nostra conoscenza dipende dalla più generale impossibilità di separare, nella storia dell'individuo e della cultura, la costituzione della nostra competenza linguistica dalla costituzione della nostra teoria degli oggetti fisici intorno a noi. È questo mutuo contenimento di linguaggio e teoria che rende possibile ridurre le assunzioni ontologiche delle nostre teorie alla padronanza di certi apparati logico-linguistici, come ad esempio la quantificazione. Ed è sempre grazie all'interdipendenza di linguaggio e teoria fisica del mondo che diventa possibile ritenere che il linguaggio più atto ad esprimere ciò che c'è nel mondo è l'austero linguaggio della logica predicativa.

1.3. Significato e riferimento: da Word and Object a The Roots of Reference

È possibile una semantica scientifica? È possibile rendere conto in termini rigorosi di nozioni come significato, sinonimia, intensione, fondamentali nella spiegazione di come il nostro linguaggio si riferisce a cose, pensieri ed eventi nel mondo? Già in Two Dogmas, Quine aveva dichiarato il suo sospetto nei confronti del progetto di costruire una nozione scientificamente utile di significato linguistico come fondamento di una scienza semantica autonoma, con obbiettivi separati e completementari rispetto a quelli delle scienze empiriche. L'intreccio inestricabile tra linguaggio ed esperienza, tra evidenza empirica e significato delle espressioni linguistiche, rendeva per Quine impercorribile la strada di una fondazione della semantica sulla base della pura analisi logico-linguistica. Il nucleo centrale della sua opera più significativa Word & Object, èla presentazione di un approccio alternativo alla costruzione di una vera e propria semantica empirica che renda conto del profondo legame tra l'esperienza sensoriale e la significatività di una lingua. La tesi centrale dell'opera è una tesi negativa: non è possibile decidere sulla base dell'evidenza a disposizione tra due diversi manuali di traduzione di una stessa lingua. Ogni insieme di ipotesi che siamo in grado di costruire per spiegare il comportamento linguistico dei parlanti di una lingua è altrettanto legittimo se ci permette di interpretare i loro proferimenti. La traduzione è indeterminata. Non esiste un significato che possiamo scoprire, al quale un'espressione o un enunciato sono connessi in modo privilegiato, così come non ha senso affermare che due frasi sinonime hanno lo stesso significato o esprimono la stessa proposizione. Pensare in questi termini è il retaggio di una semantica acritica, un mito di un museo in cui gli oggetti esposti sono i significati e le parole sono le etichette(10). A sostegno di questa tesi, Quine presenta attraverso un esperimento mentale un caso di traduzione, in cui un linguista si trova alle prese con una lingua sconosciuta, per la quale egli ha il compito di stabilire i criteri di traduzione. La situazione estrema del celebre argomento della traduzione radicale mette in risalto alcuni aspetti fondamentali dell'indagine sul significato dai quali secondo Quine una teoria semantica non può prescindere: (1) l'unica evidenza a disposizione del linguista è il comportamento manifesto dei parlanti davanti a stimolazioni sensoriali osservabili. Una semantica scientifica deve dunque rendere conto del legame tra questi comportamenti verbali e l'evidenza sensoriale; (2) i proferimenti linguistici dei parlanti sono reazioni a stimoli sensoriali: ciò che verifica o falsifica gli enunciati sono allora gli insiemi di stimoli che sono presenti o assenti in determinate condizioni di proferimento; (3) solo gli enunciati osservativi, ovvero quelli che vengono prodotti in reazione immediata agli stimoli circostanti hanno un contenuto empirico stabile, ossia, solo per essi il linguista è in grado di isolare una classe di stimolazioni invarianti da parlante a parlante che costituiscono la base empirica della sua indagine sul significato (3) non si pu˜ indagare separatamente la teoria che i parlanti hanno del mondo intorno a loro dal significato dei loro proferimenti :linguaggio e teoria del mondo sono la stessa cosa; sono entrambi il risultato dell'interazione con gli stimoli che giungono alle terminazioni nervose; (5) l'unico modo che il linguista ha per costruire un insieme di corrispondenze tra espressioni della sua lingua ed espressioni della lingua sconosciuta è proiettare la sua grammatica, il suo insieme di ipotesi analitiche, frutto del suo apprendimento linguistico in una particolare cultura, sui proferimenti dei parlanti indigeni, e ricostruire così, con un largo margine di arbitrarietà, la struttura grammmaticale del comportamento linguistico che sta osservando; ed è solo rispetto a questa teoria di sfondo, ossia all'insieme di ipotesi analitiche del linguista, che i proferimenti indigeni possono assumere significato. In sintesi: ogni teoria semantica, di cui la traduzione radicale non è che un esempio, è indeterminata rispetto all'insieme di comportamenti verbali dei parlanti, perchè ipotesi analitiche diverse danno origine a corrispondenze diverse tra enunciati di una lingua ed enunciati di un'altra lingua. Le nozioni di sinonimia o di significato non sono dunque nozioni assolute, ma relative a un insieme di ipotesi analitiche. Una semantica empirica è possibile solo se accettiamo un ampio margine di indeterminatezza e limitiamo a una ristretta classe di enunciati, gli enunciati osservativi, il contenuto empirico del linguaggio/teoria in questione. Accettare questa indetterminatezza significa però rinunciare ad avere criteri di identitˆ che ci permettano di dire che due enunciati hanno lo stesso significato, o esprimono la stessa proposizione. E nozioni per le quali non abbiamo adeguati criteri di identità sono secondo Quine dispensabili dall'indagine scientifica.

Il ruolo delle ipotesi analitiche messo in rilievo in (5) ha come conseguenza un'altra tesi negativa contenuta in Word & Object: non solo la traduzione è indeterminata rispetto a manuali alternativi capaci di rendere conto della stessa evidenza empirica, ma il riferimento dei termini è relativo alle ipotesi analitiche che hanno guidato la costruzione dei manuali. Solo infatti rispetto alla teoria di sfondo, in questo caso il linguaggio del linguista proiettato sui proferimenti dell'indigeno, è possibile stabilire a quale tipo di entità le espressioni dell'indigeno si riferiscono. L'ontologia del linguaggio sconosciuto è infatti imperscrutabile per Quine in assenza di un linguaggio di sfondo rispetto al quale interpretare le assunzioni ontologiche del linguaggio indagato. Quine svilupperà un argomento più dettagliato per l'imperscrutabilità del riferimento nel saggio del 1969, Ontological relativity, in cui egli precisa l'idea che le assunzioni ontologiche di un linguaggio o di una teoria sono sempre relative a una teoria di sfondo. Chiedersi in generale a cosa i termini di un linguaggio si riferiscono è una domanda priva di senso assoluto, che assume significato solo relativamente al linguaggio in cui ci poniamo quella domanda.

Sulle macerie della teoria del significato, Quine afferma la relatività di ogni assunzione ontologica a uno schema di riferimento. Eppure Quine si considera un realista, e non solo : proprio data l'impossibilità di distinguere verità di ragione da verità di fatto, egli sostiene che i metodi di indagine filosofica sono in continuità con i metodi delle scienze naturali, e che quindi semantica, ontologia ed epistemologia non sono che branche particolari dell'impresa scientifica globale. Ma com'è possibile conciliare il realismo naturalista di Quine con una prospettiva relativista sul riferimento, l'ontologia e la traduzione? Ebbene, è proprio il suo naturalismo, la sua concezione del profondo legame tra l'emergere del nostro linguaggio e l'esperienza sensoriale a cui siamo soggetti che ancora la sua concezione della semantica al mondo intorno a noi. Il volume del 1974, The Roots of Reference è dedicato infatti a comprendere come il processo di apprendimento del linguaggio degli esseri umani ingloba la loro prima teoria del mondo esterno e ne fissa il contenuto empirico. Il risultato globale dell'apprendimento, che individualmente si concretizza in una serie di condizionamenti a stimoli percettivi è la trama fitta di enunciati che costituisce il tessuto della nostra cultura, con le sue pratiche, le sue convenzioni, le sue conoscenze fattuali e le sue tradizioni. Cercare di separare i fili di questa trama è un'impresa votata allo scacco, perchè è solo nella sua globalità che il sapere può essere indagato.

1.4. Naturalismo ed epistemologia: da Epistemology Naturalized a From Stimulus to Science

Il collante del sistema quineano è il suo naturalismo, che permea il suo intero edificio teorico e che può essere reso utilizzando la famosa metafora di Otto Neurath, così cara a Quine(11): come il marinaio costretto a riparare la sua barca in mare aperto, sostituendo pezzo per pezzo, anche l'impresa conoscitiva non può uscire dalla scienza e valutarsi dal di fuori: non si esce dalla scienza e dai suoi metodi: essi sono tutto ciò che abbiamo per indagare sia ciò che esiste intorno a noi, sia le nostre teorie del mondo e il linguaggio in cui le esprimiamo. Non c'è una posizione di esilio cosmico in cui osservare le nostre teorie e valutarne l'adeguatezza rispetto alla realtà. Con ciò Quine afferma ancora una volta la sua posizione di rottura con la tradizione empirista: l'epistemologia intesa come indagine sul fondamento certo della conoscenza non è impresa separata dalla scienza: essa deve assumere gli stessi metodi e gli stessi dati e cercare di dare risposta a un quesito che ha lo stesso statuto di qualsiasi altro quesito scientifico, ossia, come dalle magre stimolazioni che gli esseri umani ricevono sulle loro terminazioni nervose, essi proiettano le gigantesche costruzioni teoriche che costituiscono il patrimonio delle nostre conoscenze scientifiche. La scienza è allora il risultato e il metodo dell'indagine conoscitiva, il prodotto dell'attività umana di cui dobbiamo dare una spiegazione e lo strumento stesso che ci permette di articolare questa spiegazione. Dal saggio del 1969, Epistemology Naturalized(12) fino agli scritti più recenti, come From Stimulus to Science, Quine ha precisato il suo naturalismo, mettendo in luce i punti di rottura e le continuità con la tradizione empirista e cercando di reinterpretare alla luce del suo empirismo rinnovato molte delle sue tesi chiave, come l'olismo della conoscenza, la critica alla distinzione tra verità di ragione e verità di fatto, la relatività ontologica, l'indeterminatezza semantica, l'imperscrutabilità del riferimento. Come è stato messo in luce da molti critici(13), il naturalismo di Quine, può essere inteso come il "perno" del suo sistema filosofico: è difatti da esso che dipende il mutuo contenimento di scienza e filosofia che rende impossibile distinguere tra enunciati il cui significato è determinabile tramite la pura analisi logico-linguistica, ed enunciati il cui significato è empirico: in una prospettiva naturalista infatti, l'indagine sul significato procederà nello stesso modo per qualsiasi tipo di enunciato: essa sarà un'indagine scientifica che accetterà come dati solo i comportamenti manifesti dei parlanti. Ed è sempre il naturalismo che permette di riconciliare il robusto realismo che Quine ha sempre professato con tesi come l'imprescrutabilità del riferimento e la relatività dell'ontologia di ogni teoria a un linguaggio di sfondo. Perchè ciò che ci porta a riconoscere la sostanziale indifferenza ontologica delle nostre teorie non è un meta-sapere sulla scienza, ma il risultato della ricerca scientifica stessa. Qualsiasi conclusione, anche l'estrema conclusione scettica che nulla può essere conoscibile, se risulta dall'applicazione di un metodo scientifico rigoroso ed è quindi parte della scienza stessa, è da accettare, almeno provvisoriamente, perchè non abbiamo nient'altro a cui appellarci per refutarla. Così, gli oggetti fisici intorno a noi, le molecole, gli atomi, i campi di forza e tutti gli altri elementi che popolano l'ontologia provvisoria delle nostre teorie del mondo sono da considerarsi reali, come reale è la barca alla quale il marinaio sostituisce pezzo dopo pezzo nell'instancabile sforzo di rendere più efficiente il suo unico strumento di controllo del mondo circostante.

1 Cfr. Gibson [1982].

2 Su Quine e l'empirismo logico si veda Parrini [1980]; Romanos [1983].

3 Su Quine e il pragmatismo americano, si veda P. Ketner, K. Laine [1995] (a cura di) Peirce and contemporary thought :Philosophical inquiries, Fordham University Press, New York.

4 Cfr. Frege Logica e aritmetica, ed. it. a cura di C. Mangione, Boringhieri, Torino, 1965; B. Russell, A. Whitehead [1910/1927] Principia Mathematica, Cambridge University Press, Cambridge.

5 Cfr. Quine [1934] A System of logistic.

6 Cfr. Quine [1936] Truth by convention in WoP, pp.

7 Cfr. Quine [1939] Designation and Existence, The Journal of Philosophy, 36, pp. 701-709.

8 Cfr. Quine [1943] Notes on existence and necessity, The Journal of Philosophy, 40, pp. 113-127: [1947] The problem of interpreting modal logic, The Journal of Symbolic Logic, 12, pp. 43-48.

9 Cfr. Quine [1953] From a logica point of view (FLPV), Harvard University Press, Cambridge, Mass; tr. it. Il problema del significato Ubaldini, Roma, 1966.

10 Cfr. OR, p. 44; tr. it. p. 60.

11 Quine si serve della metafora di Neurath come epigrafe a Word & Object.

12 Cfr. Epistemology Naturalized, OR, pp. 69-90; tr. it. 59-93.

13 Cfr. per esempio Gibson [1982], [1988]; Gochet [1994].